Scuola e sport devono tornare a vivere secondo la propria natura. Per capirsi: se devo entrare in classe per non avere relazioni umane, tanto vale stare a casa; se devo allenarmi o giocare in assenza di fase agonistica, oppure tappandomi il naso e la bocca, meglio chiudere tutto e partecipare ai mondiali di e-basket, così tanto apprezzati in era pandemica. È possibile, per un periodo circoscritto, chiedere il sacrificio di apprendere i contenuti didattici attraverso uno schermo freddo o di praticare la pallacanestro attraverso la ripetizione, a secco, dei movimenti fondamentali della disciplina: ciò nonostante, la sopportazione ha giorni contati, non può che essere a tempo determinato, pena la morte per asfissia delle due istituzioni più significative – beninteso oltre la famiglia – nella formazione integrale dei giovani. Se non si vuole – ed è tutto da dimostrare – che il tempo dei ragazzi venga assorbito per intero da attività virtuali che favoriscono certamente l’area cognitiva ma trascurano inevitabilmente la dimensione fisica ed emozionale, occorre assumersi responsabilità e fare scelte conseguenti. Questo tirare a campare, questa lungaggine nell’indecisionismo, comporteranno effetti gravissimi per tutti gli operatori che a settembre dovranno rimettere in moto la macchina. Ci saranno nuovi contagi? Possibile. Ma non è logico e sensato rimanere fermi in base ad una preoccupazione. Ci sono focolai? Vero. Ma in quanto circoscritti, facilmente arginabili. Se c’è alluvione in Friuli Venezia Giulia, si fermano i campionati anche in Piemonte? Quando si apprende di colleghi che, per via di una certa età, vorrebbero insegnare precauzionalmente a distanza, sorge una domanda: non sono già abbastanza evidenti i rischi della professione? Gli attraversamenti pedonali, i genitori infuriati, i viaggi d’istruzione: insidie permanenti, il mestiere di educare non fa coppia con massima protezione. Questa è l’epoca del coraggio, da non confondersi con temerarietà: il temerario va all’assalto lancia in resta, il coraggioso affronta la realtà assumendo su di sé una dose di rischio. Stando immobili, ogni giorno che passa la scuola e lo sport si spengono: un’agonia lenta, ma inesorabile.