Avete visto le facce dei ragazzi e delle ragazze che si allenano all’aperto? A noi capita spesso. Sono volti espressivi e parlanti. Cosa dicono? Dicono che va bene se devono fare addominali su una superficie rigida e fredda, che non fa nulla se la competizione si sposta dal numero di canestri a quello delle flessioni. Non è importante dove, è importante come. Se c’è amore, non c’è luogo migliore di un altro. Bisogna davvero essere innamorati per esercitarsi a temperature ed orari scomodi, con la luce del giorno che lascia spazi limitati di manovra. Soffrono, è normale. Come tutti. Vorrebbero che i canestri tornassero a contare, che gli arbitri fischiassero (certamente a favore), che il pubblico applaudisse, che si potesse tornare a raccontare stupidaggini in spogliatoio, che ci si potesse abbracciare e spintonare, che il sabato e la domenica fossero giorni di partite e non di allenamento. Eppure, non c’è un momento in cui il sorriso si spenga. Non si spegne di fronte a ripetizioni noiose di esercizi senza palla o dove la palla si stacca solo con destinazione canestro. Non si spegne sebbene non possano piacevolmente distrarsi per raccontarsi all’orecchio le ultime marachelle dell’amico comune. Gli istruttori? Hanno cambiato pelle: da insegnanti a studenti. Mai come adesso la professione è messa alla prova, costretta a rivalutare obiettivi e metodi, in costante adattamento a innumerevoli variabili. Quindi, benedetta pandemia? Non scherziamo, ma una cosa è certa e verificabile: atleti e tecnici forse non sono più bravi di prima – il tempo perso nell’allenarsi in situazione avrà un peso in futuro – ma sono più forti di prima (non certo e solo fisicamente). Non si è mai abusato così tanto come in questo periodo della parola ‘grazie’: ciò che in tempi normali è scontato oggi non lo è più. Nessuno si permetta di dire che questa generazione è rammollita e invertebrata: per quanto il sostantivo in fase d’emergenza sia spesso utilizzato – giustamente – per chi si batte in prima linea, anche questi ragazzi e ragazze possono essere definiti con il termine di ‘eroi’ ed ‘eroine’. Diciamo, vista l’età, piccoli eroi, piccole eroine.