Ce ne ricorderemo. O forse no. In un modo o nell’altro. Dove non si è giocato, ci si è allenati a strappi, uno alla volta o in fila per due, con i palloni consumati e di proprietà, spesso di gomma. Dove la normalità è diventata eccezione. Dove l’amore per questo sport si è buttato nel fuoco. Dove stare fermi è stato considerato un atto di eroismo e solidarietà, mentre muoversi un gesto disumano, sconsiderato e sleale. Dove chi doveva prendere decisioni non le ha prese per comodità o codardia, e chi non doveva prenderle le ha prese, mettendoci la faccia e pagando di persona. Dove uno tra i beni più grandi, la salute, è stato scambiato per assenza di malattia. Dove si è fatta discriminazione fra le discipline sportive, additando quelle immuni e quelle contagiose. Dove i bambini e i ragazzi possono fare ginnastica alla mattina ma non allenamento di pomeriggio. Ce ne ricorderemo. O forse no. In un modo e nell’altro. Dove si è riscoperto la bellezza di fare attività sportiva all’aperto, respirando a pieni polmoni e con soffitti policromi. Dove il rapporto istruttore/atleta si è riempito di contorni inediti, trasformandosi spesso in adulto/ragazzo. Dove la cura del particolare non è più possibile, ma necessaria. Dove ciascuno si è guardato dentro e ha fatto i propri conti: ne vale davvero ancora la pena? Vale davvero la pena ripetere infinite volte lo stesso movimento con o senza palla, escludendo a priori il contatto, la collaborazione, l’essenza stessa dello sport? Dove allo stantio incedere della routine formativa si è dovuto ricorrere all’invenzione, pescando nelle recondite qualità immaginative le scintille per accendere ciò che sembra spento. Dove si è potuto finalmente fare chiarezza tra ciò che è essenziale e ciò che è superfluo, rifinendo accuratamente tutte le sbavature che a volte contaminano la complicata arte dell’insegnare. Dove questa società sportiva ha festeggiato i suoi 20 anni di vita. Ce ne ricorderemo. O forse no. In un modo o nell’altro. Non è detto che siamo migliori di prima. Certamente diversi. E non è detto che sia peggio.
Mese: Dicembre 2020
La forza della debolezza
“Ero pelle e ossa, parevo uno scheletro e quindi ispiravo tenerezza: e così, senza neppure essere nella squadra giovanile, giocai insieme ai calciatori dell’Ajax fin da piccolo. È un altro esempio di come uno svantaggio – in questo caso la mia gracilità – si può trasformare in un vantaggio”. È Johan Cruijff a parlare, nella sua splendida autobiografia. Difficile da credere: uno dei più forti giocatori di calcio di sempre rivela al mondo intero che il segreto del suo successo non sta nella genetica, ma nell’aver utilizzato la debolezza come punto di forza (che è comunque pur sempre un talento). Sei piccolo? Sii veloce. Smilzo? Fatti furbo. Sono centinaia gli esempi tra gli eroi sportivi: Garrincha, l’imprendibile ala destra del grande Brasile degli anni ‘60, giocava con una gamba più corta di vari centimetri per una grave poliomielite; Alex Zanardi, che sta combattendo per l’ennesima volta tra la vita e la morte, convertito da pilota ad eccezionale e imbattibile atleta paraolimpico. E tanti altri. Cos’hanno da insegnarci? Che la cima della montagna non è preclusa a nessuno e che si può raggiungere in mille modi diversi: chi camminando, chi arrampicandosi, chi in funivia. Il fine rimane identico, ma ciascuno deve trovare il proprio ‘mezzo’. Quando si è in svantaggio, in qualsiasi sport, esistono due possibilità: o si lascia che il destino venga determinato dagli altri, oppure ciascuno diventa padrone del proprio. Non è un caso che le gare più epiche siano ricordate per la grande capacità di chi parte sfavorito nell’invertire il pronostico avverso. Come mai capita di vedere squadre giocare meglio con un uomo in meno? I tempi che viviamo non possono essere ricordati come favorevoli: eppure, ‘trasformare uno svantaggio in vantaggio’ ci obbliga ad essere creativi, a reinventare il nostro modo di vivere, ad esplorare nuovi spazi di azione, anche nello sport. “La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie”. Stavolta è uno scienziato, e non uno qualunque, a venirci in soccorso. Ed è con questo spirito che il Nuovo Basket 2000 augura a tutti gli atleti, le famiglie e appassionati un Natale diverso da tutti i precedenti. Un Natale di speranza. Ma soprattutto di coraggio.