felici di sbagliarci

Con un DPCM alla settimana è pressoché impossibile programmare. Chi ci giudica in malafede provi a districarsi nel ginepraio di documenti, ordinanze, decreti che costellano la nostra quotidianità. Non c’è nulla da inventarsi: c’è solo un piccolo chiodino che tiene lo sport ancora appeso e prima o poi, sulla spinta dei numeri e del terrorismo mediatico, finirà per cedere. Pagheranno gli innocenti, se di colpevoli si può parlare. Dopo sforzi eroici per rimettere in piedi la baracca e con un attenzione maniacale nel rispetto delle regole, lo sport si fermerà, per la felicità di chi cataloga la motricità come un’attività non essenziale. Del resto, la bassa considerazione del Paese verso ciò che fa riferimento al corpo non è una novità: due ore di educazione fisica alla settimana rappresentano una mano frettolosa di vernice su una parete che si scrosta giorno dopo giorno. Per non parlare dell’assenza cronica nella scuola primaria, dove il movimento è il principale strumento di apprendimento per i bambini. Per quanto moderni e tecnologici, non riusciamo a disfarci della concezione tipicamente ‘gentiliana’ della scuola, dove la corporeità è sottomessa al potere del pensiero. Saremo ripetitivi, ma togliere lo sport in questo momento avrebbe degli effetti catastrofici sulle nuove generazioni. Proviamo a riassumere: sul piano fisico, indebolimento del sistema immunitario, aumento delle patologie cardio vascolari, crescita esponenziale dei casi di sovrappeso e obesità; sul piano psicologico, sfiducia nel futuro, depressione, instabilità  caratteriale; sul piano emotivo, incapacità ad esprimere ciò che si prova in profondità; sul piano sociale, rarefazione dei rapporti, chiusura in se stessi, boom di relazioni virtuali. Per non parlare delle associazioni sportive: vivendo esclusivamente di proventi elargiti dai soci, non potranno sopravvivere. Molte hanno già rinunciato a lottare, altre si aggiungeranno. Se muore lo sport di base, muore tutto lo sport. Pensateci bene: stupiteci una volta tanto, saremmo felici di sbagliarci.